Stupisce lo stupore per una presenza "normale" al Dall'Ara contro il Genoa, nonostante bel tempo, clima tiepido e squadra in risalita. Stupisce chi si ostina a non voler vedere gli ultimi 4 anni...

Nella loro lettera le ragazze del Civ hanno scritto tre volte la parola "rispetto". Che è esattamente, spesso a ragione, ciò che la donna imputa all'uomo (o alle proprie superiori, che sono sovente uomini in gonnella). Le femmine ne sentono molto la mancanza. Per cui mi capiranno se dico che mi è dispiaciuta la consegna a De Rossi quasi in clandestinità del "Premio Bulgarelli". Assente il club rossoblu, ci hanno pensato Fabio Capello e Luigi Colombo. Forse è il caso di collocare quell'evento là dove merita, cioè Bologna e non nel ritiro di una squadra, oppure smetterla.

In settimana ha fatto discutere anche l'intervista di Gastaldello su Stadio, autorizzata da Cellino in persona - si suppone anche sui contenuti -. La sua storia va di pari passo coni quelle, di poco successiva, di Maietta, e di poco precedente, di Brienza. Come smantellare un gruppo, che aveva funzionato, di uomini veri. In nome di un inesistente progetto.

Gastaldello mette anche a confronto i profili presidenziali di Cellino e Saputo e comunque la mette corta, e dice bene: "ogni anno fate peggio". Basta, cosa c'è da aggiungere? Colpisce - ma fino a un certo punto - che ancora oggi un pezzo di opinione pubblica timorosa del futuro, assuefatta ai peggioramenti, rintronata dalla martellante campagna d'odio verso i critici bilanciata dall'interessato semaforo verde a qualunque cosa faccia il club (una linea, che lungi dall'essere casuale, è stata in gestazione negli anni guaraldiani per poi svilupparsi nel quadriennio successivo), bolli Gastaldello come un maigoduto qualunque, perdippiù tristo. Quindi non abilitato ad alcun giudizio, solo un epigono rancoroso dei già rancorosi "giornalai". 

E stupisce, vieppiù, che ci si stupisca delle colorite esternazioni del Civ, uno che pochi giorni prima dello show down con le ragazze ha bollato come "gabinetti" alcuni colleghi acquiescenti verso il club. Piaccia o no, lui non cambia. E dargli su quest'ultimo punto del tutto torto (sul concetto, più che sull'appellativo) io non me la sento. 

Qui torna lo stadio. Di pronto, in effetti, non c'è nulla, Magari manca poco, però a oggi siamo al disegno. Ma non è solo una mia impressione, no, lo dice l'assessore Lepore. Nel "question time" di sette giorni fa, rispondendo a una oppositrice "da sinistra", Lepore è evidentemente preoccupatissimo di mostrare che non si sta distraendo denaro pubblico da urgenze più forti. "Come è stato detto nella conferenza stampa del Bologna calcio, il progetto presentato dalla squadra si limiterà alla ristrutturazione del Dall'Ara, noi ci occuperemo, vedremo quanto in partnership con il Bologna, ma la regia sarà sicuramente nostra e credo anche la parte di investimento, in buona sostanza, di tutto ciò che riguarda il trasporto pubblico, i parcheggi e anche l'impiantistica sportiva dell'antistadio". In sostanza il Comune, in questo schema tuttora teorico, si occupa delle cose "di tutti". Inattaccabile. Nessun compiacimento verso il pagano Dio pallone, storicamente inviso ai cosiddetti "progressisti". 

Intanto il tempo scorre e l'obiettivo politico inizialmente esibito, ovvero partire con i lavori prima della fine del mandato di Merola, è molto difficilmente raggiungibile. Di definito c'è poco. 

Ah, a proposito di "We must change and we will change". Dalla esecutività dei lavori dipende la permanenza in ambito rossoblu di Fenucci: fiutata la mala parata, digerite con fatica le pesanti critiche di un pezzo di curva, il manager romano sembra voglia ricollocarsi come capo - cantiere. Un percorso simile a quello del giallorosso Baldissoni, dirottato da Pallotta sul nuovo impianto. Al suo posto o un canadese (se Saputo non mette insieme un acquirente credibile) o un manager petroniano di allure internazionale. Di Vaio? Scout, sarà poco a Bologna, ma non salterà, troppo solida la tela tessuta già all'epoca del suo sbarco a Montreal. Bigon? Boh, l'ultimo mercato lo hanno fatto allenatori e procuratori. 

"Mi piacerebbe vedere lo stadio nuovo". Di quale città, direttore?

Sì, sulla battuta di Bigon avrei finito. Però...mi è venuta in mente una cosa. 25 gennaio, Corvino alla Gazzetta: "Non cambio quasi mai in corsa. Ho esonerato il primo allenatore dopo 32 anni di carriera: Mihajlovic. La piazza lo aveva “mollato”. Grande dispiacere: è un uomo straordinario e corretto, che adoro". Una preferenza, (forse) nient'altro.

Sezione: Director's cut / Data: Dom 10 febbraio 2019 alle 08:00
Autore: Alberto Bortolotti
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